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SOGNO: Il Film

film
Questo sogno era un film. Io ero la protagonista, una bambina di otto/nove anni che viveva sola con la mamma ed il nonno in una baia di quelle in cui l’erba entra in mare come fosse finta.
La madre era gravemente malata e stava sempre nella sua camera, in un albergo che era un enorme grattacielo pieno di piani e di ascensori. Alcuni ascensori, invece di muoversi in verticale, percorrevano l’esterno dell’edificio come la spirale di una candela.
Il nonno, che aveva la faccia di Burt Lancaster da vecchio, stava sempre su una sedia fuori dall’hotel vicino a delle case di legno e alla riva del mare, senza mai dire né fare nulla.
Io-bambina giocavo da sola avventurandomi nei corridoi labirintici e nei ballatoi interni all’hotel oppure nei prati poco distanti dalla baia, in cerca di un mio amico che dovevo cercare. Questo amico era il fantasma di un antenato di famiglia, non appariva mai né c’era mai, ma ogni tanto io-bambina diventavo consapevole di qualche indizio che mi avrebbe condotto a ritrovarlo e sapevo che questi indizi me li dava lui perché lo cercassi.
Il film poi fa un salto in avanti. Io-marco sono in piedi dove solitamente siede il nonno e chiedo ad amici irriconoscibili lì seduti, cosa sia successo mentro ero assente. La madre della bambina è morta e lei sente di essere molto vicina a ritrovare il suo amico-antenato, che ormai sembra l’unico legame sano con la sua famiglia. Io-bambina allora rientro nell’hotel seguendo gli indizi e in un corridoio del ventitreesimo piano trovo alcuni amici riconoscibili di me-marco che mi chiedono di aiutarli a far partire l’ascensore perché a loro non funziona. Premo il tasto 24 ma l’ascensore non si muove, allora decido di vedere se l’ascensore poco distante invece funziona, e mentre mi dirigo al secondo ascensore, il primo si chiude e parte con le persone dentro. Per raggiungere gli altri, mi sbrigo ad entrare nel secondo ascensore e premo il tasto 24. L’ascensore su cui sono salita si muove in orizzontale e lentamente sta scendendo lungo l’esterno dell’edificio. Sento le voci degli amici che si allontanano verso l’alto mentre le traiettorie dei due ascensori si incrociano, e realizzo che questo è un altro indizio del mio amico-antenato: so di essere ad un passo dal trovarlo e sono eccitatissima. Quando l’ascensore arriva a terra, so che il mio amico mi aspetta dietro una baracca di legno a picco sulla baia, proprio accanto all’hotel, ma dal lato opposto alle case dove di solito sta il nonno. In preda all’emozione di averlo trovato, non riesco a contenermi e corro verso la baracca. Svolto l’angolo e vedo una luce immensa sgorgare da un punto che so essere il mio antenato. Man mano che gli corro incontro riesco a vedere le fattezze del fantasma: è un neonato fatto di luce che mi corre goffamente incontro con gioia. Il volto è molto simile a quello del nonno, con baffi e rughe di luce, ed il corpo mostra senza ombra di dubbio gli addominali scolpiti e la muscolatura di un uomo nel pieno della virilità, eppure questi contrasti d’età sembrano conciliarsi in maniera tanto naturale in quell’infantile corpo di luce. Adesso so che lo amo, lo amo da sempre, so che lui mi ama a sua volta e finalmente ci siamo riuniti.
Mi sveglio con il cuore che batte all’impazzata. Penso di aver intercettato il sogno di qualcun altro… non avevo mai sognato/vissuto in prima persona vicende nei panni altrui

[Jafar]

Photo Click By: Andrea Addante (Licenza CC)