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SOGNO: Nostalgia Bruciante

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Entravo nella cantina di una casa che è qui vicino, che nella realtà non ho mai visto dall’interno. Era molto grande e c’era odore di polvere, la sala era semibuia, l’unica luce proveniva dalla porta socchiusa, era indefinibile, una luce da “giorno del giudizio”, come un dipinto metafisico (una costante in molti miei sogni). All’interno della stanza stava un tavolo di legno spartano ma dall’aspetto antico, aveva circa dieci sedie su ogni lato, e su ogni sedia c’erano fagotti di vestiti che, forse, nascondevano manichini. Sul volto avevano maschere orrende da demoni grotteschi, potevano essere africani come tibetani, non vi so dire. Sebbene avesser colori sgargianti tutto era coperto da una patina grigiastra che li attutiva. Il tavolo era imbandito di cibo semi-putrefatto, ma direi più “mummificato”, ogni manichino aveva dinanzi a sé un piatto colmo di questo cibo antichissimo e grigiastro anch’esso. Nessuno si muoveva, anche se percepivo che c’era stata una vita in loro.
Proseguo uscendo da un’altra porta (nella realtà inesistente) e mi ritrovo in una sorta di piccola anticamera circondata da mura medievali di pietra. C’è un’apertura che dovrebbe ospitare un portone, in realtà è chiusa da un’enorme masso sferico di pietra. Essendo l’apertura rettangolare e il masso sferico posso sbirciare fuori. C’è un prato immenso, colline e rilievi, ma senza alberi o zone sterrate. Solo erba d’un verde-giallastro. Non vedevo il sole, ma c’era ancora quella luce che sembrava provenire da ogni cosa. A tratti pareva il palco d’un teatro. Alla vista del prato provai una profonda e inspiegabile nostalgia, desiderai uscire per arrivare a qualcosa che, se nella mia mente era ben definito, non riuscivo comunque a visualizzare. Quello che mi resta è soltanto questo senso ancestrale e bruciante di nostalgia e rinuncia.

[Moreno P.]

Photo Click by Luca Costa [Licenza CC]