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SOGNO: Dark Ages

Sangue

 

Secoli bui.
La lotta tra i clan imperversava senza sosta.
In un castello oscuro ed arroccato su una montagna dei Carpazi un nobile Tzimisce regnava indisturbato sulle sue terre.
Questo Demone possedeva una particolarità, era un mercante ed era ossessionato dal collezionare rarità, oggetti che lui stesso o i suoi asserviti recuperavano per soddisfare la sua sete. Il suo immenso e tetro maniero era zeppo di strumenti bizzarri ed esotici, bestie provenienti da ogni parte del mondo, esseri umani di ogni etnia o con particolari deformazioni fisiche che li rendevano unici.
Indisturbato da diversi secoli, lo Tzimisce si trovava in una situazione di difficoltà, la diffusione del clan Tremere sui suoi vasti territori stava minacciando sempre di più il suo Dominio. Qualche Notte addietro era successa una cosa oltraggiosa, alcuni Usurpatori erano entrati in uno dei suoi castelli e ne avevano preso il possesso, uccidendo le guardie e dominando i suoi ghoul. La lotta stava diventando qualcosa di personale, avrebbe dovuto agire e schiacciarli.

Nel mentre, nella neonata Cappella Tremere di un luogo sperduto nei Carpazi, una giovane da poco Abbracciata alla Notte era tremendamente preoccupata. (ovviamente la ragazza ero io.)
“Non avremmo dovuto spingerci tanto oltre.” Continuavo a ripetere ai miei Fratelli.
“Il nostro Sangue è potente, ma le nostre forze non sono ancora abbastanza estese per affrontare un esercito come quello del Nobile Tzimisce.”
Discutevamo e litigavamo, nelle segrete della roccaforte che avevamo conquistato, da poco.
“Proporremo uno scambio!” Disse il mio Sire.
“Sappiamo tutti che il Demone brama possedere creature uniche e originali. Chi più di Noi, può essere definito singolare? Un Vampiro che possiede la Magia del Sangue.
Non potrà mai rifiutare un’offerta tanto allettante.”

Lo Stregone aveva proposto un accordo. Dopo essersi appropriato di una delle sue dimore, aveva osato proporre una tregua. Non avrebbe mai accettato una simile offerta pensò lo Tzimisce. Eppure vagando tra le infinite stanze del suo maniero e osservando le sue preziose mercanzie, s’insinuava nella sua mente un dubbio. Dopotutto quel qualcosa mancava alla sua collezione, e l’umiliazione dell’Usurpatore sarebbe stata persino più gratificante della vittoria in battaglia.

L’accordo avvenne. Un Tremere avrebbe dovuto servire lo Tzimisce per cento anni. Dopo questo lungo lasso di tempo sarebbe tornato libero. In cambio gli Stregoni avrebbero potuto allontanarsi dal suo Dominio senza nessuna perdita e senza essere attaccati.

Dal momento che lo Tzimisce aveva preteso che il Tremere designato per arricchire la sua collezione, fosse legato al Reggente che aveva proposto per primo l’accordo, mi apprestai a porre fede al patto.
Arrivai al Castello aspettandomi le più tremende atrocità.
In realtà quello che vidi mi sorprese, interminabili saloni, scale e camere da letto tutte piene delle più disparate merci e creature di tutti i tipi che lo popolavano, piante e versi di animali lo facevano sembrare più simile ad una foresta che ad una fortezza.
Non vidi subito il Padrone. Era in viaggio per recuperare altre antichità, la cosa non mi dispiacque, non desideravo affatto incontrarlo.
In una delle soffitte del castello conobbi un altro umano, rinchiuso per il suo talento.
Era un ragazzo, forse un Toreador, dipingeva divinamente e la sua stanza era ricolma di tele bizzarre che davano alla stanza una luce sovrannaturale.
“Da quanto tempo sei qua?” Mi domandò. “Soltanto quattro mesi.” Dissi. “Io ho quasi terminato il mio contratto, mi mancano solo dieci mesi e sarò di nuovo libero.”
Pensai che era stato fortunato a sopravvivere in quel luogo per tutto quel tempo, mantenendo la sua salute mentale, e pensai che era terribilmente fortunato per il fatto che il suo contratto stava per scadere. “Come hai fatto a non impazzire tutto questo tempo?” Domandai “Ho dipinto e sono stato lontano dal Padrone e dal suo ghoul più anziano.” Parlammo molto, mi raccontò la sua storia ed iniziammo ben presto a conoscerci e ad apprezzarci l’un l’altro.
Da subito capii che l’essere che avrei dovuto temere di più non era il Nobile Tzimisce, bensì il capo dei suoi asserviti, un gobbo ed imponente figuro, terribile e perfido come il profilo del castello.
Non vi era luogo del maniero che lui non conoscesse e non perlustrasse di tanto in tanto.
Nessuno poteva avere segreti per lui e se qualcuno osava contraddirlo o toccava gli oggetti del suo Domitor veniva brutalmente frustato, o se poco importante, dato in pasto alle bestie selvatiche.
Per quanto mi riguardava, facevo di tutto pur di evitarlo, affinavo i miei sensi per sentire a distanza il suo passo pesante e nascondermi in qualche ripostiglio o precederlo lungo le scale.

Una Notte lo sentii urlare. Chiamava a gran voce il mio nome e mi accusava di malefatte da me non commesse. Mi precipitai lungo un corridoio per sfuggire alla sua presa, avrei potuto difendermi con la Magia del mio Sangue certo, ma in questo modo avrei rotto il patto e sarei incappata in conseguenze ben più gravi. Mi nascosi dentro un androne di pietra, e attesi. Sentii i suoi passi che salivano le scale tortuose e si avvicinavano sempre di più a me, inesorabilmente.
Mi odiava. Mi detestava per il fatto che nonostante fossi una prigioniera, potessi considerarmi un essere al pari del suo Padrone, al contrario di lui, che dopo duecento anni non era ancora stato Abbracciato. Mi odiava perché potevo utilizzare le mie Discipline con facilità, mentre lui aveva appreso con estrema fatica e attraverso il sangue del suo Domitor solo alcuni trucchetti.
Mi detestava perché ero un unico e prezioso oggetto della collezione del suo Padrone e per questo non dovevo essere toccata. Lo sentii urlare di nuovo.
Sembrava furioso ma anche felice al tempo stesso.
Più sentivo il rumore dei suoi stivali avvicinarsi a me e più la mia paura cresceva.
Ad un tratto non sentii più nulla e poi apparve. Mi afferrò per il collo e comiciò a stringere.
Qualcosa è cambiato, pensai rantolando, sembrava più forte e più disumano. “Lasciami….” Provai a dire. Lui strinse ancora di più la sua terribile presa, pareva indemoniato, gli occhi rossi iniettati di sangue. “Non sei più superiore ora!” Diceva furibondo, “Non posso farti del male certo, ma questo non vuol dire che non possa apportarti qualche piccola modifica….” Ridendo in modo isterico tolse una mano e la premette contro il mio volto. Con disgusto mi resi conto che la mia faccia stava mutando in modo orribile. “Lasciami….” Dissi di nuovo.
Non potevo permettere che mi facesse questo, raccolsi le mie forze e premetti entrambe le mie mani, che ora mandavano bagliori rossastri, sul suo petto. Il Ghoul, o quello che era diventato, urlò e mi spintonò all’indietro, caddi di traverso, ma mi rialzai in fretta e mi misi a correre.
Correvo più veloce che potevo attraverso i corridoi bui del castello e su per le ripide scalinate.
Notai con piacere che la mia faccia era tornata normale, per fortuna non era riuscito a completare la sua opera. Mi rifugiai nella soffitta del mio amico e posizionai alcuni mobili davanti alla porta. “Che sta succedendo?” Mi domandò preoccupato. “Lui..lui..è diventato…” il pittore scosse la testa “Sapevo che sarebbe successo prima o dopo…” Il pavimento di legno del sottotetto tremava sotto il pesante passo dell’essere e nugoli di polvere scendevano dal soffitto.
“Non puoi rimanere qua.” Mi disse il mio amico, “Fuggi, scappa con me.”
I miei occhi terrorizzati si fissarono su di lui “Ma il tuo contratto?” “Il mio contratto è scaduto una settimana fa, ma non avevo ancora trovato il coraggio di dirti che me ne sarei andato…” Scossi la testa esterrefatta, “Ho studiato i tunnel che portano le merci al di fuori del castello, se ci caliamo da uno di questi dovremmo riuscire a passare inosservati.” Detto questo afferrò la mia mano e mi trascinò fuori da una finestrella.
Appesa alla ripida parete della fortezza sentivo il vento scuotermi tutt’intorno e branchi di lupi ululare in lontananza. Se non ci ucciderà lo Tzimisce lo faranno le bestie, pensai infilandomi in un buco nel muro e poi in un tunnel e in una grotta naturale addossata alle mura immense del castello. Sentii un rumore fragoroso proveniente dall’interno della grotta “Queste cascate dovrebbero portare fuori, nella brughiera.” Disse il mio amico. Dopodichè mentre cercavo di ribattere, mi prese per un braccio e si buttò nel vuoto. Divenne tutto buio e mi svegliai.

[Annarita F.]

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